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“Essere antifascisti significa combattere l’indifferenza”. Incontro con Nino Boeti

di Rosanna Caraci

Nino Boeti, 65 anni, è da una settimana il nuovo Presidente del Consiglio regionale del Piemonte. Già vicepresidente da inizio legislatura e presidente del Comitato Resistenza e Costituzione, è consigliere regionale dal 2005, del Partito Democratico, è subentrato a  Mauro Laus, eletto senatore della Repubblica alle ultime elezioni del 4 marzo.

Nino Boeti, eletto all’unanimità dall’assemblea: una grande responsabilità per quest’ultimo anno di legislatura che si annuncia intenso.

E’ una grande responsabilità che sento fortemente e che assumo con orgoglio. Ringrazio i consiglieri regionali, di maggioranza e di opposizione, che mi hanno eletto e per i quali mi impegno ad essere garante dei loro diritti e delle forze politiche che rappresentano.

Che giudizio esprime sui lavori svolti finora?

Dall’inizio della legislatura il Consiglio Regionale è stato estremamente trasparente;  sono stati ridotti i costi della politica e abbiamo cercato di dare risposte a tutti coloro che ne aspettavano. Si è lavorato in un clima positivo, fatto di rispetto reciproco e, se non sono mancati momenti anche aspri di confronto, non si sono mai superare i limiti di decoro che sono propri di un’istituzione

Quali sono le priorità del suo lavoro?

Dobbiamo occuparci della legge elettorale, e avvierò prestissimo prime consultazioni per comprendere se sussistono le condizioni per aprire un confronto utile ad affrontare il tema in modo costruttivo. Due i nodi da sciogliere, quello delle doppie preferenze e l’abolizione del cosiddetto listino. Una cosa è certa, dev’esserci la volontà di tutti ad aprire un confronto che ci porti a una soluzione e a una nuova legge in tempi ragionevoli.- Altrimenti, si mantiene il testo che già esiste.

Lei ha mantenuto il suo ruolo di presidente del Comitato Resistenza e Costituzione. Ci apprestiamo a vivere un nuovo venticinque aprile.

La celebrazione della Liberazione cade in un anno importante per il nostro Paese. 70 anni fa entrava in vigore la nostra Costituzione. Un documento straordinario all’interno del quale gli uomini e le donne della Resistenza diedero il loro contributo definendone principi e indirizzi. Questo è anche l’ottantesimo anno dalla promulgazione delle leggi razziali, una delle vergogne del nostro Paese. Gli italiani allora furono indifferenti, la gran parte, conniventi gli altri. Il fascismo fu violenza, sopraffazione dei diritti civili, soppressione delle libertà individuali.

Ha ancora senso, oggi, essere antifascisti?

Per usare le parole di Giacomo Matteotti, il fascismo non fu un’opinione ma un crimine. Ed essere antifascisti vuol dire, ieri come oggi, credere nell’uguaglianza, nella solidarietà, nella generosità e nella libertà.  E’ necessario più che mai essere antifascisti oggi;  non dobbiamo cadere nell’errore di intendere il fascismo come un ritorno delle camicie nere, dei gerarchi: fascismo è violenza, è indifferenza, è negare i diritti e le libertà individuali. Essere antifascisti significa combattere l’indifferenza. La cronaca ci impone questo. Ricordo quel padre migrante dal nord Africa all’Italia che in alto mare è stato buttato in acqua dai trafficanti con la figlia diabetica, che è morta. Il dolore di quel padre è intollerabile. Quel dolore è intollerabile anche per la mia coscienza.

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