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Cosa ci evoca la parola “Razza” nelle settimane della “Memoria”

di Davide Morra, storico

L’applicazione delle leggi razziali a Collegno.

La nostra Comunità Civica ha vissuto – come moltissime altre realtà territoriali italiane –   la propria Shoah, una storia poco nota che oggi – a distanza di  oltre sette decenni – deve essere più che mai riscoperta   tramandata alle future generazioni.  Oggi più che mai sono attuali le parole che nel gennaio 2005 pronunciò Carlo Azeglio Ciampi, in occasione della “Giornata delle Memoria” affermò : Dobbiamo fare nostro il pensiero di Primo Levi “nell’odio non vi è nulla di razionale, ma se comprenderlo è impossibile, conoscerlo è necessario, poiché ciò che è successo può ricominciare”.  La memoria è dunque il filo che deve legare le generazioni, tracciando un percorso nella coscienza collettiva, perché ognuno impari a combattere l’indifferenza, a ripudiare ogni forma di integralismo e di estremismo, per costruire una società fondata sul rispetto della dignità di ogni essere umano perché non possa mai più accadere ciò che allora è accaduto”.

Con l’approvazione delle leggi razziali, le Prefetture d’Italia inziarono ad impartire precise e severe disposizioni circa le procedure amministrative da seguire per “censire” – o per meglio dire “schedare”gli ebrei stabilmente residenti nei differenti comuni d’Italia. Il 12 settembre 1938, fu trasmesso alla Prefettura di Torino da parte dell’Amministrazione Civica di Collegno  il telegramma contenente i dati relativi al censimento degli Ebrei: due famiglie composte da  due membri, una composta da un solo componente (dimoranti tutte nella zona a ridosso di Corso Francia- Fraz. Regina Margherita) e quattordici fra uomini e donne ricoverate presso il locale Ospedale Psichiatrico o la sede decentrata del Ricovero Provinciale di Savonera.

I pazienti censiti erano per la maggior parte di casi uomini celibi, di origine piemontese e prima del ricovero dimoranti in Torino e Moncalieri. Le donne, due vedove, una nubile ed una coniugata erano tutte casalinghe dimoranti in Torino, Padova ed una ricoverata a Collegno con origini e provenienza polacca.

Analizzando il prospetto riepilogativo dei degenti dell’ex ospedale psichiatrico e confrontando le diverse banche dati inerenti la SHOAH , ad oggi, è emerso che Massimo DeBenedetti, figlio di Vittorio e Ester Debenedetti, nato a Torino il 23/11/1911, di professione commerciante, è stato deportato ad Auschwitz e li terminò i suoi giorni. Massimo però era della lista anche il più giovane.  In occasione della Giornata della Memoria 2018, il 16 gennaio sarà posta dinnanzi al portale della Certosa Reale una “pietra di inciampo” a ricordo della deportazione di Massimo De Benedetti ed a monito per tutti i passanti, un segno visibile per fare memoria continua di un terribile passato.

 La direzione dell’Ospedale Psichiatrico di Torino da cui dipendeva il nosocomio di Collegno, nella seduta del Consiglio di Amministrazione del 18 novembre 1938 recepì immediatamente le disposizioni in merito al censimento dei dipendenti israeliti e contestualmente richiedeva ai “… nostri sanitari di razza ebraica la denuncia della loro posizione nei riflessi della Legge stessa…..e le particolari esigenze del servizio per la sostituzione con elementi ariani …”

Nella seduta successiva del Consiglio di Amministrazione dell’Ospedale Psichiatrico, il Presidente riferiva di aver “…notificato ai dottori Imber, Levi, Treves,(in servizio anche nella struttura collegnese) il loro collocamento in congedo dal 1 gennaio 1939 con invito a lasciare il servizio per tale data…” contestualmente informava il Consiglio di amministrazione di “… aver denunciato a S.E. il Prefetto i nomi dei Sanitari ebrei ed i provvedimenti adottati…. e la modifica del Regolamento per l’esclusione degli ebrei dai concorsi e nomine”.

Poco nota e studiata è la  figura del Teologo Don Modesto Scaccabarozzi Priore – Parroco di Collegno dal 1941 al 1981. Nato a Torino nel  1906  in una famiglia della piccola borghesia torinese proprietaria di un atelier di alta moda in Via Berthollet a Torino, sin da giovanissimo si distinse per la passione per gli studi umanistici. Nell’ambiente della piccola borghesi torinese, seguendo il costume dell’epoca, prese lezioni di pianoforte dal Maestro Poggetto  che svolgeva inoltre un ruolo di custode della Sinagoga di Torino. Ordinato sacerdote, dopo una breve parentesi Torinese, nel 1939, il Cardinal Maurilio Fossati, lo destinò di motu proprio alla guida della Parrocchiale Collegnese. La presa di possesso da parte del Teologo Scaccabarozzi della Chiesa Parrocchiale avvenne il 11 febbraio 1940.

Profondamente legato al Cardinal Fossati ed all’apparato della Curia Arcivescovile dell’epoca si attivò immediatamente per cercare di portare aiuto alle famiglie di Ebrei perseguitate.  In un primo tempo, collocò alcune brandine nel sottotetto della Chiesa per poter ospitare temporaneamente i perseguitati. Una scelta coraggiosa e rischiosa, infatti non passò molto tempo che la canonica fu oggetto di ispezione da parte della locale milizia fascista.

Non si arrese e cercò una soluzione più sicura e discreta. Preziosa è la testimonianza di Mario Gramaglia, collegnese classe 1926, che aiutò il Priore a spostare le brandine dal sottotetto della Chiesa ad un piccolo vano del campanile della Parrocchiale, luogo più sicuro, separato dalla Canonica e dotato di una via di fuga direttamente comunicante con la Chiesa Parrocchiale. La canonica era discretamente divenuta una base di appoggio per lasciare Torino e cercare riparo in terre sicure.

Mario Gramaglia, dal 2 giugno 2017 cittadino benemerito di Collegno, come molti suoi coetanei lasciò Collegno e salì anche lui in montagna. Fu inquadrato nella 19° Brigata Eugenio Giambone dal 10 giugno 1944 al 30 settembre 1944. Poi fu catturato e subì l’internamento in Francia a Grenoble, caserma Bisanè, ed in seguito dal 01 aprile 1945 al 07 giugno 1945 nella divisione Renzo Cattaneo. Fu proprio durante il suo internamento nell’ora d’aria in cui i prigionieri potevano passeggiare nel cortile interno alla caserma, che conobbe tre fratelli ed un cugino tutti ebrei ed appartenenti alla Comunità Torinese legati da vincoli di parentele con il maestro Poggetto. Appreso che Mario era di Collegno gli domandarono se conoscesse il Parroco Don Scaccabarozzi, alla risposta affermativa gli raccontarono “che nei momenti più disperati Don Modesto aveva dato aiuto ed asilo ai loro parenti ed amici”. Mario nel cortile della caserma Bisanè, ebbe prova che il Priore di Collegno, nell’assoluto silenzio ed in totale discrezione, aveva messo in gioco la propria vita per salvare dei perseguitati senza guardare il credo religioso o politico.

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