Geografia delle relazioni : spazio fisico e spazio psicologico
di Chiara Lovera*
Ci muoviamo nello spazio. Lo spazio che occupiamo , di cui ci preoccupiamo, per poco o a lungo, su cui transitano distratti o consapevoli è uno spazio fisico ma anche psicologico.
La pandemia ha drammaticamente mutato il nostro concetto di spazio: per molti si è ristretto diventando angusto, per alcuni è diventato minaccioso, pericoloso come camminare su un tappeto di spilli, per altri le restrizioni hanno trasformato lo spazio domestico in una tana, un rifugio sicuro e inespugnabile , per altri ancora invece la stessa casa si è rivelata in una prigione esasperante.
Qualche giorno fa riflettevo sul mio desiderio di andare in montagna a pestare la neve, come si dice, non è possibile, il decreto non prevede gli spostamenti fuori dal comune di residenza.
Il mio desiderio ha assunto l’aspetto di un bisogno spasmodico: del movimento delle mie gambe attraverso il freddo d’alta quota, dell’aria pungente che pizzica la pelle, del silenzio scandito dai passi sulla neve. Degli odori di neve, di benzina nel parcheggio prima di prendere il sentiero. Del sapore del the caldo nel termos alla fine dell’escursione.
A ben vedere sono anni che d’inverno non vado in montagna ma è il primo che mi è preclusa la possibilità di andarci. È cambiato tutto: questa riflessione ha modificato il mio modo di pensare al desiderio di neve e di sentieri. Riconoscere questo mi ha permesso di ridimensionarlo e mi ha spinto a chiedermi quale sia, in questo contesto, il destino dello spazio psicologico.
Abbiamo addobbato la vita quotidiana di regole, di procedure per entrare o stare nei posti, di incontri online, di attese e restrizioni . Ci siamo aggrappati alle regole come ultimo appiglio per conservare una normalità che invece è andata perduta e forse, in questo aggrapparci abbiamo cercato di negare che fosse cambiato qualcosa fra noi e gli altri. A scuola: fra insegnati e allievi. In ufficio: come cambiano le relazioni se al lavoro in presenza si sostituisce il lavoro agile? Nelle relazioni famigliari o di coppia: come facciamo se non possiamo incontrarci?
È necessario diventare consapevoli di questo cambiamento: porta in sé incertezza, spavento, fatica, ansia ma è da qui che possiamo ripartire. Se cambia la geografia delle nostre relazioni non dobbiamo dimenticare che cambia lo spazio psicologico. I bambini con la loro capacità di adattarsi, di assimilare il nuovo, sono maestri in questo: nel tutelare lo spazio psicologico; perché è li che si tesse la trama delle relazioni stesse, con fili emotivi, nelle parole scambiate ogni giorno. Poco importa se non sarà completato un programma o mantenuta una performance. Adesso ciò che conta è salvaguardare l’intreccio delle relazioni. Pensare al percorso più che alle singole tappe. E rinascere.
*psicologa e psicoterapeuta