25 novembre: istruzioni per l’uso
di Athena Pesando
Domani 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Quest’anno in particolare è doveroso ricordare l’importanza di questa ricorrenza.
Nel 2018 erano state uccise 133 donne, di cui l’81,2% da una persona conosciuta: il 47,4% dal partner attuale (63 donne), il 7,5% dal partner precedente (10 donne), il 24,8% da un familiare (33 donne) e l’1,5% da un’altra persona che conosceva (2 donne). Secondo i dati del Dossier Viminale però solo negli 87 giorni di lockdown del 2020 (9 marzo – 3 giugno 2020) sono stati 58 gli omicidi in ambito familiare-affettivo, le cui vittime sono state per il 75,9% donne, per un totale di 44, una ogni due giorni. È inoltre un fatto di cronaca recente quello riguardante il revenge porn nei confronti della maestra, che certo può sembrare un fatto del tutto slegato da questa tematica, eppure anche in questo caso si tratta di una forma di violenza, anche se non fisica.
La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è una ricorrenza istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999. Questa data è stata scelta in ricordo del brutale assassinio nel 1960 delle tre sorelle Mirabal considerate esempio di donne rivoluzionarie per l’impegno con cui tentarono di contrastare il regime di Rafael Leónidas Trujillo (1930–1961), il dittatore che tenne la Repubblica Dominicana nell’arretratezza e nel caos per oltre 30 anni. Il 25 novembre 1960, infatti, le sorelle Mirabal, mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti del Servizio di informazione militare. Condotte in un luogo nascosto nelle vicinanze furono stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente. (fonte: Wikipedia)
Quest’anno non sarà possibile svolgere manifestazioni, sit-in o campagne di sensibilizzazione in presenza a causa dell’epidemia da Covid-19, ma è necessario che questa giornata non passi in sordina. I Comuni e le biblioteche civiche di Alpignano, Collegno, Druento, Grugliasco, Pianezza e Rivoli, insieme al Centro Donna e al Comitato “Se Non Ora Quando? – Grugliasco” hanno comunque organizzato alcune iniziative. La città di Grugliasco si è colorata di rosso in questi giorni, colore simbolo della giornata: sul Municipio di piazza 66 Martiri, nelle vetrine dei negozi della città e sul sito web del comune, con home page dedicate alla Giornata, ha diffuso inoltre una bibliografia curata dalla Biblioteca Pablo Neruda con alcune letture adatte a varie età sul tema.
È inoltre possibile ricevere gratuitamente supporto presso il Centro Donna, sito alla Città Universitaria della Conciliazione. Le volontarie e i volontari del Comitato Se Non Ora, Quando? hanno elaborato un video di sensibilizzazione, che verrà distribuito sui canali telematici.
Il 25 e il 28 novembre, il movimento femminista e transfemminista Non Una di Meno – Torino, organizzerà iniziative online e offline: presidi, performance di piazza e campagne social.
Mercoledì 25 novembre, attraverso mail/social bombing porteremo l’attenzione sulla narrazione violenta dei media. Stuf* di veder additare le donne come “maestre che fanno video hot” o “vittime di una follia d’amore” rimanderemo al mittente le parole che ci colpevolizzano e che giustificano assassini e stupratori, chiedendo a gran voce delle contro-narrazioni rispettose delle vittime che seguano le linee guida dettate dal Manifesto di Venezia del 2017.
Sabato 28 novembre, in Piazza Castello dalle ore 15,00 ci sarà una performance collettiva per denunciare la violenza strutturale che colpisce la vita delle donne e tutte le soggettività dissidenti.
Una violenza che parte tra le mura domestiche, passa per le disuguaglianze e le discriminazioni sul luogo di lavoro arrivando fino all’emergenza sanitaria in corso, sono più di tutti le donne a pagare il prezzo più alto!
Lavoratrici e madri sono obbligate a un’impossibile conciliazione tra lavoro e famiglia, tra salario e salute, sono soprattutto le donne e le persone lgbtqia+, migranti, precarizzate e non garantite a pagare la crisi e a perdere per prime il lavoro. Il ricorso sistematico al lavoro gratuito, precario o malpagato non è corrisposto da nessuna valida misura di sostegno al reddito e al salario, dall’inclusione nel welfare, dal supporto per la cura di bambini, malati e anziani.