Ancora un caso di revenge porn: perché è necessario riflettere
di Athena Pesando
Una storia, quella avvenuta nel torinese, che ci fa riflettere sui motivi per cui è ancora necessario parlare di femminismo.
Una maestra d’asilo ha subito revenge porn da parte del suo ex partner, un calciatore dilettante che alla fine della loro relazione ha deciso di divulgare delle fotografie intime della donna sulla chat whatsapp del suo gruppo di amici. Le foto sono arrivate tra le mani della madre di uno dei piccoli di cui la maestra si occupava, e lei ha deciso, invece di prendere le difese della donna, di andare dalla preside per infamarla. La preside,a sua volta, ha scelto di schierarsi contro la vittima, umiliandola pubblicamente e costringendola al licenziamento.
<L’Italia del 2020 ha fatto una scoperta incredibile: anche le donne, anche le insegnanti, hanno una vita sessuale, che vorrebbero vivere liberamente. – scrive la pagina Instagram del Partito Democratico – Ma come si permettono? Vogliamo dirlo con chiarezza: non solo quell’insegnante deve essere risarcita fino all’ultimo centesimo, non solo deve essere reintegrata immediatamente a lavoro, non solo chi ha diffuso il video deve pagare per il reato commesso, ma l’educazione sessuale e di genere deve essere un elemento fondamentale nelle scuole. Perché il revenge porn è colpa di chi lo pratica, mai di chi lo subisce.>
La legge sul revenge porn del 19 luglio 2019 recita: <Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro.
La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.
La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.> Tutte queste persone, dunque, hanno commesso un vero e proprio reato, e difatti la maestra ha denunciato l’accaduto agli organi competenti.
Il problema, oltre che certamente di natura legale, è però anche profondamente culturale. Secondo le dichiarazioni della preside, quello che ha fatto la maestra sarebbe <incompatibile con il lavoro di educatrice – e che se lei non si fosse licenziata “spontaneamente”, la preside avrebbe allertato le altre strutture e la donna – avrebbe avuto un marchio per tutta la vita>. Il marito della mamma che è andata a lamentarsi ha commentato <Se si inviano certi video, si deve mettere in conto che qualcuno li divulghi>. Queste dichiarazioni fanno ben capire la mentalità delle parti coinvolte nella vicenda: se sei una donna e in più lavori coi bambini non devi fare sesso, o meglio lo puoi fare ma di nascosto e sentendoti sporca, pena la gogna mediatica. Questo pensiero è lo stesso che viene fuori quando davanti a un caso di stupro le persone giustificano il carnefice alludendo al fatto che la vittima “se la sia cercata” uscendo da sola, bevendo o indossando una minigonna.
Ricordiamo il caso di Tiziana Cantone, una giovane napoletana che nel 2016 si tolse la vita a causa di un suo video intimo che era stato divulgato senza il suo consenso, sottoponendola a insulti, prese in giro e cyberbullismo. Avvicinandoci al 25 novembre, giornata per la sensibilizzazione sulla violenza di genere, non possiamo che chiederci: quante donne dovranno ancora subire tutto questo prima che le cose cambino? Dovremmo tutti imparare una regola di base: tutto quello che avviene “sotto le lenzuola” tra due, o più, adulti consenzienti non sono fatti nostri.
Fortunatamente una parte dell’opinione pubblica ha preso le parti della maestra <visto che sembra necessario, ecco un breve tutorial su come chi è dotato di un cervello dovrebbe reagire imbattendosi in un video porno della maestra dell’asilo dei propri figli: “ah wow, sta facendo sesso. Ma pensa, come fa la maggior parte della popolazione mondiale!” e passare oltre.> scrive su Facebook una ragazza <Immagina una società in cui porti il video privato della maestra alla scuola e il preside denuncia te e i tuoi amici per distribuzione di materiale privato e poi da un aumento alla maestra per aiutarla con le spese legali> pubblica un altro.