Politica

Il PD è ritornato competitivo

di Andrea Orlando*

La tornata amministrativa che si è conclusa ieri è stata vinta dal Pd.

Certo, i problemi non sono alle nostre spalle, ci attendono mesi difficilissimi, il partito ha bisogno di un nuovo radicamento e la forza della destra è ancora significativa e inquietante in Europa e nel Paese; tuttavia il risultato è inequivocabile. 
E questa vittoria è stata possibile grazie alla qualità dei candidati e di quelli di tutta la coalizione. Le forze sovraniste possono ancora contare su un solido consenso in larghi settori della società, ma questi risultati sono diretta conseguenza del lavoro svolto in questi mesi dal Pd e della sua riconquistata centralità politica.

È un successo conseguenza della nascita del governo voluta più di un’anno fa, della caparbia volontà di consolidare l’alleanza, della scelta di sostenere, con rispetto per tutte le posizioni, ma anche senza ambiguità, un sì per le riforme al referendum costituzionale.Il pluralismo è un’enorme ricchezza per un partito e per un’area politica.Però il pluralismo non può fondarsi sull’ipocrisia.Dunque, una qualche riflessione sarebbe attesa da tutti quelli che in questi mesi, con più o meno generosità, con più o meno partecipazione e spirito costruttivo, magari nel pieno della campagna elettorale, hanno cercato di accreditare un Pd affetto da subalternità, senza cogliere la subalternità, addirittura ideologica, che stava alla base della loro lettura.E sarebbe attesa da chi ha continuato a dipingere il gruppo dirigente guidato da Nicola Zingaretti, chiamato ad affrontare uno dei momenti più drammatici per la sinistra italiana e per il Paese tutto, come chiuso, autoreferenziale, lontano dai territori dai quali peraltro in larga parte proviene.

Non era così, come gli elettori hanno sancito.Tanto più all’indomani dell’approvazione delle modifiche ai dl Salvini, bisogna prendere atto che il suggerimento di molti, “serviva più riformismo”, non si realizza a botte di interviste, ma cercando il punto di equilibrio più avanzato nelle condizioni date, come appunto è avvenuto sull’immigrazione.Ciò che è più grave è che questo giudizio ha rischiato di offuscare un risultato già colto e di grande portata.

Mi riferisco al riposizionamento nel quadro europeo dell’Italia, dopo la parentesi del governo giallo verde.Sono molti i campi nei quali dobbiamo rafforzare la nostra azione, nel governo e nella società, nel sostegno alle imprese, nella lotta alla burocrazia e nella promozione di un’economia sostenibile. Non riconoscere le ragioni dei nostri successi non ci aiuterà ad ottenerne di nuovi. Solo il lavoro e la determinazione, l’ascolto delle persone e il grido d’aiuto che proviene da tutti gli strati della società, specie i più fragili, indirizzeranno la nostra azione. 

Per farlo abbiamo bisogno di un lavoro di promozione e formazione di nuove ed autorevoli classi dirigenti.È proprio adesso, per questo, che questi nodi vanno sciolti.Per affrontare la fase difficilissima che ci attende dobbiamo essere chiari, soprattutto tra noi, sulla prospettiva delle nostre alleanze e sui contenuti del nostro riformismo, parola che altrimenti rischia diventare una  parola vuota.E soprattutto, in un tempo in cui abbondano le incontinenze verbali e lo spirito distruttivo, dobbiamo essere chiari nel riconoscere i meriti di ciò che si è ottenuto da un leader solido e affidabile come Nicola Zingaretti.

*vice segretario del PD

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