Scuola

Sulla ripartenza della scuola: il punto di vista di un’insegnante

di Athena Pesando

Dopo alcuni giorni dall’inizio del nuovo anno scolastico abbiamo sentito Claudia Leoni, professoressa di lettere presso un liceo scientifico in Torino sud, per sentire come è stata effettivamente affrontata questa ripartenza da parte di chi vive la situazione dall’interno.

<Credo che non si possa fare una riflessione generalizzata in quanto è stata data massima autonomia alle scuole e quindi ognuna di esse, in base alle proprie risorse, al proprio staff e alla possibilità di lavorare durante l’estate, si è organizzata con modi e tempi diversi. Non è quindi possibile parlare di un rientro uguale per tutti, io posso parlare per quello che è la realtà della mia scuola. – premette – Il rientro è stato ben accolto sia dagli studenti, sia dalle famiglie, sia dagli insegnanti. C’è da dire che comunque è un rientro molto faticoso perché è un rientro contingentato, nel senso che bisogna fare i conti con le misure, con gli spazi, i centimetri e i metri, con lo scotch per terra, con i cartelloni della segnaletica, coi dispenser del disinfettante, con le mascherine… tutte cose che non appartengono alla vita scolastica. Sugli insegnanti e sulla scuola pesa anche un senso di corresponsabilità, tra famiglia e scuola, perché ci rendiamo conto che anche la scuola è un luogo di possibile contagio e ci sono tanti colleghi che sono preoccupati.>

<È un rientro dolceamaro: c’è tanta felicità per essere tornati in presenza però anche frustrazione, ci sono delle regole stringenti, come far l’intervallo seduti, non poter uscire nei corridoi… anche come gestire l’ora di educazione fisica crea delle difficoltà: gli spogliatoi sono stati chiusi e sono consentite solo attività con una distanza di due metri da uno studente all’altro. La collega sta pensando di approcciarsi allo yoga, oppure fare pilates, ginnastica sul posto insomma… la dimensione sociale è in crisi, e poi non ci dimentichiamo la didattica a distanza che permane in parte. Ci sono ragazzi o insegnanti che per problemi di salute non possono frequentare la scuola. Diventa abbastanza noioso per chi segue, costringe a una lezione statica senza attività di gruppo o dinamiche Gli ingressi poi sono scaglionati per non far entrare tutti insieme>.

Si passa poi a parlare dei fondi stanziati per le scuole <Durante il lock-down sono arrivati dei finanziamenti per l’acquisto di dispositivi per la DAD per le famiglie meno abbienti e per i banchi. In realtà è improprio chiamarli banchi, sono postazioni con le rotelle e non ci sono in tutte le classi ma solo in alcune particolarmente strette, saranno sicuramente utili in futuro per lavori di gruppo, per cambiare l’assetto della classe. Dobbiamo pensare a un nuovo modo di fare didattica, può essere anche un’opportunità per ripensare ai programmi, alla scansione degli argomenti, alle modalità di apprendimento>.

Parlando di uscite didattiche dice <Per adesso non abbiamo indicazioni in merito, ci siamo ripromessi di farle, almeno quelle in città per vedere luoghi d’arte e storici, con mascherina e distanziamento. Vorremmo far ripartire tutto il più possibile come prima perché la didattica ha bisogno di tanti elementi che non sono solo la lezioni frontali>.

<Ci vorrebbe maggior sinergia col Comune di Torino, tipo coi trasporti. Noi investiamo tantissimo tempo ed energia per rispettare tutte le norme e poi i trasporti sono quelli, la GTT non ha aumentato le corse, sui mezzi nessuno controlla che sia rispettato il distanziamento o che i passeggeri indossino le mascherine, quindi alla fine mi chiedo se serva tutto quello che stiamo facendo a scuola. Anche i ragazzi vanno responsabilizzati: mi è capitato di vedere i miei studenti che fino a 5 minuti prima stavano nei loro banchi mummificati e poi appena usciti si sono tolti la mascherina e hanno iniziato a scambiarsi le sigarette, a guardare il cellulare uno addosso all’altro, ad abbracciarsi…  Poi c’è stato tutto il problema legato ai docenti, da noi mancano una decina di insegnanti. Ecco se dovessi dare un voto – conclude – darei una sufficienza scarsa>.

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