COLLEGNO ASCOLTA LA SCUOLA
di Chiara Barison
Collegno riparte dando la priorità alla riorganizzazione dell’educazione sul territorio: si è tenuto ieri, lunedì 29 giugno, il primo di una serie d’incontri tra l’amministrazione comunale e gli attori dell’istruzione.
Oltre al sindaco Francesco Casciano e all’assessora alle politiche educative Clara Bertolo, hanno partecipato docenti di ogni ordine e grado, nonché i genitori dei bambini e dei ragazzi iscritti nelle varie scuole collegnesi.
La condivisione di opinioni si è tenuta nella suggestiva aula all’aperto del parco Dalla Chiesa, di fronte al liceo Curie, con tanto di lavagna sulla quale sono state annotate le parole chiave scaturite da ogni intervento. Coraggio, opportunità, sicurezza sono le più indicative.
Se pensiamo alla gestione dell’emergenza sanitaria, è evidente che la grande dimenticata dalle istituzioni è stata l’istruzione. Tutte le attività hanno gradualmente riattivato i propri ingranaggi, gel igienizzanti e mascherine alla mano, eccetto le scuole. L’anno scolastico 2019/2020 verrà sicuramente ricordato come un anno rimasto incompiuto, l’anno dell’esame di maturità solo orale e della dispersione scolastica.
“La scuola deve essere al centro” esordisce il sindaco. “Le linee guida date dal Governo sono molto ampie. Dobbiamo capire come riorganizzare gli spazi scolastici, ma anche come riempirli” prosegue l’assessora Bertolo.
L’ambizioso obiettivo del Comune consiste nell’instaurare un dialogo tra scuola e politica, così da elaborare insieme soluzioni concrete per l’imminente riapertura di settembre.
Tra i punti più dolenti troviamo il monte ore: sarà possibile garantire una giornata scolastica di otto ore? Oppure potrà essere al massimo di quattro? Basteranno i soliti 200 giorni per la validità dell’anno scolastico?
“Bisogna pensare ai genitori lavoratori”, puntualizza la professoressa Alisa Matizen, “quattro ore sono poche: il tempo pieno, quando si tratta di studenti di elementari medie, può essere un enorme aiuto”. Alcuni genitori hanno però il timore che, anche qualora si decidesse di ripristinare il tempo pieno, la didattica tradizionale rischi di cadere in secondo piano a favore di laboratori alternativi da svolgere nel pomeriggio. La carenza di spazi potrebbe impedire lo svolgimento di lezioni frontali a favore di attività all’aria aperta e sport.
È certo che non si potranno più concepire le aule come in passato, sia come dimensione che come numero di allievi presenti. “Un metro di distanza fra le rime buccali degli alunni” è quanto disposto dalle linee guida del Governo. Facile a dirsi, difficile da mettere in pratica.
Quali saranno i luoghi alternativi alle aule? Le palestre? Gli edifici dismessi? Oppure si farà lezione all’aperto sperando che il tempo sia clemente?
Inoltre, è stato posto l’accento sulla refezione scolastica: mangiare in mensa costituisce un momento conviviale di vitale importanza per la crescita di un bambino. L’insegnante svolge il suo compito anche durante il pasto e nel corso dell’intervallo. Quest’ultimo è un fondamentale momento dell’esperienza educativa dei bambini. Genitori e insegnanti sono concordi nel ritenere insufficiente una pausa, come ipotizzato, di non più di cinque minuti e muniti di mascherina con il divieto di uscire dalla classe di appartenenza.
Se così non fosse, la DAD (didattica a distanza) non sarebbe stata un fallimento su più fronti. La modalità telematica di frequenza delle lezioni e di assegnazione dei compiti ha messo in difficoltà non solo gli insegnanti stessi, ma anche le singole famiglie. È risultata inadeguata a far fronte alle esigenze degli allievi che si sono sentiti abbandonati nonostante gli incredibili sforzi del corpo docente.
Valentina, madre di tre bambini e insegnante, è intervenuta per chiedere coraggio da parte dell’amministrazione nell’affrontare le decisioni riguardanti l’apertura dopo l’estate. Al momento, l’inizio delle lezioni è indicato per il 14 settembre. La maggior parte dei genitori e degli insegnanti concorda sul fatto che si dovrebbe anticipare all’inizio dello stesso mese, a patto di rientrare tutti in sicurezza.
Ultima, non per importanza, la carenza di organico. “Saremo in grado di avere, fra docenti e personale ATA, 50mila persone in più” ha affermato la Ministra Azzolina. Nessuno sembra credere troppo alla promessa.
Per riprendere le attività scolastiche nel migliore dei modi possibili è necessario incrementare il personale: più insegnanti per garantire l’effettivo accesso al diritto all’istruzione garantito dalla nostra Costituzione. Così come sarà necessario avere un numero maggiore di personale ATA che si occupi, ad esempio, del mantenimento degli adeguati livelli d’igiene nei locali frequentati dagli studenti.
L’incontro è terminato all’insegna di numerosi interrogativi. Il professor Cristiano Giorda, docente presso la facoltà di scienze della formazione, lascia tutti con un difficile quesito: “Vale ancora la pena di pensare all’istruzione di massa com’è stata configurata fino ad oggi?”. A settembre le risposte, forse.
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