La Fase 2 delle emozioni
di Chiara Lovera*
In tutta Italia da una settimana è cominciata la fase due, quella cosiddetta di convivenza con il virus.
Il covid- 19 ha allentato la sua morsa permettendo alle terapie intensive e ai reparti ospedalieri di respirare ma non è stato debellato, la sua minaccia è ancora presente e le Istituzioni chiedono, comunque, prudenza e senso civico mentre riorganizzano la quotidianità delle persone.
Il periodo della quarantena è stato un momento di sospensione in cui tutti noi siamo stati “vaccinati” all’incertezza e alla paura dell’incertezza.
Ora in che modo, da un punto di vista psicologico, siamo pronti a convivere con il virus? Qual è, in altre parole, la fase 2 delle emozioni, ora che le nostre paure ancestrali sono state così amplificate dall’emergenza sanitaria?
Ciascuno di noi ha un proprio vissuto emotivo e un bagaglio di esperienze con cui affronta l’esistenza e con cui si attrezza per affrontare la ripartenza.
C’è chi potrebbe desiderare di prolungare la permanenza nell’involucro protettivo della quarantena in attesa di un evento salvifico – il vaccino – ma evitare significa restare immobili e negare la possibilità di ripartire ; c’è chi, al contrario, potrebbe considerare la fase 2 come un ritorno, tout court, alla normalità negando ciò che c’è stato e l’impatto che ha avuto sulla realtà.
In entrambi i casi la realtà sarebbe distorta, interpretata in modo parziale e dicotomico con effetti limitanti o pericolosi.
Il nostro bisogno di semplificare è fisiologico ma non sempre costruttivo.
E’ importante riconoscere quali sono le emozioni che prevalgono in noi e rispettarle ma convivere, in questo caso con una minaccia invisibile e con le drammatiche conseguenze che a livello economico, sociale e individuale ne sono derivate, richiede uno sforzo di adattamento in più.
Forse occorre prendere finalmente atto della nostra fragilità come individui, come comunità e come specie animale e cercare la stabilità nell’instabilità e da qui creare il nuovo.
L’incertezza è la cifra dell’essere umano e di tutto ciò che lo circonda e gli appartiene. La linearità è un’illusione, così come il controllo sugli eventi e la prevedibilità di quanto possiamo incidere sul futuro.
Questa prospettiva, per quanto faticosa da accettare e da attuare in termini personali e sociali, apre le porte al nuovo, all’inedito: se abbandoniamo la posizione mentale della negazione – che si esprime, come abbiamo visto con modalità differenti per ciascuno, – assumendo una posizione di
accettazione potremo dare voce alle nuove priorità che si sono delineate. A tutti i livelli: individuale ma anche politico, sanitario, educativo e sociale.
* Psicologa e Psicoterapeuta dell’età evolutiva