In queste settimane è in gioco il futuro dell’Europa
di Davide Gorzegno*
Mai come in queste settimane è in gioco il futuro dell’istituzione dell’Unione Europea . Abbiamo tanti pareri davanti a noi ma manca la forza condivisa di una analisi che possa creare proposta e sviluppo per il continente.
La crisi economica dell’ultimo decennio ha messo a dura prova un sistema, che non è rimasto al passo rispetto al progetto originario di Unione, che era stato auspicato e festeggiato dal governo Prodi nei lontani oramai anni 90, quando un grande industriale nostrano, l’avvocato Agnelli, dichiarava alle televisioni che il tempo delle “vacche grasse” era finito.
L’unione monetaria doveva in un primo tempo favorire i rapporti tra gli stati agevolando però una veloce unità di intenti rispetto a valori sociali condivisi. Già in quegli anni era chiaro un forte avanzamento industriale dell’oriente ed un inizio di pressione sul mercato del lavoro dovuto al basso costo della manodopera nei paesi extra Ue; si riteneva perciò necessario che per mantenere una crescita del welfare dell’eurozona fosse da un lato necessario uno sviluppo del tessuto industriale e della ricerca attraverso esperienze condivise e dall’altro necessario stabilire degli standard minimi di qualità che permettessero non solo di salvaguardare la salute della popolazione e dell’ambiente ma anche dell’economia europea stessa.
Certo la sfida era grande, forse troppo, per questa vecchia Europa governata da una classe politica che aveva perso la cultura dei grandi economisti come Keynes ed i valori di chi era stato chiamato a ricostruire i paesi dalle ceneri delle due grandi guerre.
Si è cosi creata una competizione interna tra stati che sino a quel momento erano “compagni di squadra” a favore, naturale, di chi per capacità strutturale, come la Germania, o per ricchezze date dalle risorse naturali, come la Norvegia, hanno potuto scalare la “classifica” e dettare l’agenda sotto il segno dell’austerity e della stabilità dei bilanci.
La stabilizzazione di questo modello è avvenuta attraverso l’acquisto del debito degli altri paesi, come abbiamo visto con la Cina verso gli Stati Uniti, ed attraverso la capacità delle proprie aziende di poter controllare settori dell’industria e del commercio degli altri paesi membri. Il piano di gestione dell’eurozona vede oggi però l’apparizione di un virus che l’economia non poteva considerare e questo diventa per i paesi mediterranei, da sempre culla del motore innovativo e culturale, l’opportunità di aprire il tavolo delle proposte, forti della coscienza comune che davanti ad un nemico invisibile non esistono “transazioni finanziarie” che possano allontanare il problema.
Non si ha una ricetta, ma la cura va necessariamente condivisa da tutti sulla base di una equa ridistribuzione del welfare; pertanto si dovrà agire sui pilastri della società quali il lavoro, la sanità e l’istruzione. I contratti di lavoro, sino ad oggi nazionali, possiamo immaginare di ridiscuterli in chiave europea offrendo una equa uniformità dei salari, delle ore di lavoro e diritti; le tassazioni, per le imprese, dovranno essere discusse nuovamente sulla base di nuove norme europee tese alla cessazione di “paradisi fiscali”, come l’Olanda, e con la visuale della crescita delle PMI e della competitività delle nostre aziende in ambito internazionale grazie a programmi di condivisione dei progetti e delle produzioni.
Sarà necessario un piano di sanità pubblica europea, dove i paesi potranno condividere i servizi minimi di copertura necessari per ogni cittadino. In questo tavolo sarà strategica la condivisione dei metodi di raccolta dei dati oltre che le procedure da adottare tese ad uniformare il servizio al cittadino e la velocità di azione nella cooperazione tra medici e ricercatori; un tale piano potrà ambire alla condivisione al tavolo dell’OMS per evitare il ripetersi di alcune delle difficoltà avute in questa esperienza Covid.
L’Europa del domani, e ne dobbiamo essere convinti tutti, parte dalla scuola, dalla formazione delle nuove generazioni, dal loro essere interconnessi e dalla capacità di sentirsi cittadini europei, fratelli che condividono ed insieme crescono, pertanto è necessario ambire ad un piano europeo pubblico della scuola. Le offerte formative saranno di supporto fondamentale al rendere formato e competitivo nel mercato del lavoro e della ricerca ogni studente, i piani di investimento europei all’istruzione possono garantire supporti di primo livello alla didattica ridisegnando le possibilità dell’offerta pubblica.
Le sfide sono importanti ma certamente alla portata del nostro paese.
*consigliere comunale del PD di Collegno
Buon articolo molto interessante