Il passato cotoniero di Collegno in una città ancora in trasformazione
di Davide Morra*
La vicinanza della linea ferroviaria Torino-Susa (con scalo merci a Collegno sin dalla sua costruzione e divenuta poi linea internazionale a con l’inagurazione del Tunnel del Frejus) e della tranvia Torino-Rivoli furono fra i principali fattori logistici che spinsero l’industriale cotoniero Rolla ad impiantare l’omonimo cotonificio nella nostra Città in Via XX Settembre: ebbe così la storia del futuro cotonificio “Valle di Susa”.
Nel 1910, il Cotonificio Rolla ottenne in concessione dal consorzio degli utenti della bealera “Cossola” (canale artificiale ad uso agricolo risalente al XIV sec.) l’utilizzo dell’acqua della bealera omonima per alimentare una piccola centrale idroelettrica; costruita esclusivamente per fornire energia all’opificio. L’attività dei macchinari del cotonificio era strettamente legata alla produzione di energia elettrica derivante dalla piccola centrale idroelettrica di via Sebusto. A causa di un’eventuale avaria delle turbine o per l’improvviso arresto della produzione di corrente – cagionato dal mancato afflusso di acqua nella condotta forzata – corrispondeva istantaneamente la sospensione della produzione in corso nello stabilimento di Via XX Settembre – Viale XXIV Maggio.
Nel 1924, il cotonificio Rolla mutò ragione sociale e divenne“Manifatture Subalpine”. Nel 1927 le “Manifatture Subalpine” furono assorbite dalla “ Manifattura Dora” di cui era direttore generale – dal 1915 – il Rag. Biagio Mariano. La “ Manifattura Dora” divenne una fra le industrie cotoniere più importanti del Piemonte con cinque stabilimenti e circa 2500 operai. Negli stabilimenti erano prodotti essenzialmente tessuti per l’abbigliamento femminile ed in particolare fantasie in cotone, lana, cotone e seta.
Nel 1929 la “Società Anonima Cotonificio Valle di Susa” acquisì lo stabilimento della “Manifattura Dora” di Collegno e l’opificio assunse la denominazione di “Cotonificio Valle di Susa”. La storia del cotonificio Valle di Susa è strettamente legata alla famiglia svizzera Abegg ed in particolare ad Augusto. Gli Abegg erano una famiglia di facoltosi finanzieri svizzeri di antica tradizione. A fine ‘800, come molti altri connazionali (ad esempio i Leumann), scelsero l’Italia nord-occidentale come fertile terreno per investire il capitale in imprese produttive legate al settore tessile. Della stirpe Abegg arrivò in Lombardia Carlo, che si dedicò alla lavorazione della seta ed in Piemonte Augusto, che optò per il settore cotoniero. Augusto Abegg si associò con Emilio Wild, tecnico esperto in filatura e diede il via ad un gruppo che, nel corso degli anni, assunse proporzioni gigantesche, con stabilimenti a Borgone di Susa, Torino, S. Antonino di Susa, Bussoleno, Pianezza, Susa, (in ordine di apertura, dal 1880 al 1914). Nel frattempo Wild abbandonò l’impresa e Augusto costituì una società col fratello Carlo denominata “Cotonificio Valle di Susa di Abegg & C.” ; nel 1923 la società fu trasformata in “Società Anonima Cotonificio Valle di Susa” con un capitale di venti milioni di lire. Negli stabilimenti di proprietà di Augusto Abegg il numero dei fusi ammontava a duecentotrentamila, quelli da ritorcitura a quarantamila; in totale i telai erano cinquecentosettacinque.
Improvvisamente, sul finire del ‘47, gli Abegg decisero di alienare l’azienda, ed il Cotonificio Valle Susa S.p.A. fu così ceduto a Giulio Riva. Questi, uomo di umili origini ma di grande ambizione era riuscito ad emergere all’interno dell’Associazione Cotoniera Nazionale, che riuniva i grandi imprenditori del settore, prima come amministratore delegato dell’Unione Manifatture, poi acquisendo i gruppi Olcese e Dell’Acqua e finendo per creare un impero tessile a cui aggiunse via via altri tasselli, come il “Valle di Susa”. Alla morte di Giulio (1959) subentrò il figlio Felice, ma con l’azienda in breve tempo entrò in crisi.
La situazione del CVS si fece drammatica nel corso degli anni per toccare l’apice nell’autunno del 1965, con il fallimento. Nel ’64 inizia la crisi del CVS, con la tendenza delle banche a ridurre i crediti, in un momento di espansione dell’azienda. Lo stesso IMI venne sollecito a rinnovare e incrementare i suoi prestiti al CVS, ma le scarse garanzie personali offerta a fronte di ingenti capitali esposti portano l’IMI a non aumentare l’aiuto ai Riva. La situazione debitoria aumenta progressivamente fino al miliardo di lire verso istituti previdenziali e assistenziali, nel versamento delle tasse, e il mancato pagamento dei salari . Nel 1965 la Cassa di Risparmio di Torino e l’Istituto Bancario S. Paolo dovettero intervenire con un finanziamento di 350 milioni per garantire il pagamento dei salari. La crisi del Cotonificio Valle di Susa fu aggravata inoltre dalla lotta tra gruppi finanziari per il controllo del pacchetto azionario di maggioranza del gruppo.
Il 7 gennaio 1971, il cotonificio Valle di Susa, divenuto proprietà del gruppo Montedison fu ripetutamente presidiato dagli operai e dalle forze sindacali che manifestarono contro il piano di ristrutturazione del complesso. Un piano di rilancio industriale che prevedeva la concentrazione delle attività in alcuni stabilimenti del gruppo ed il recupero della produttività attraverso l’aumento dei ritmi e dei carichi di lavoro. Furono organizzati picchetti e cortei a Torino per sollecitare la Provincia di Torino ed il rappresentante territoriale del Governo ad assumere una posizione di tutela per le maestranze del cotonificio. L’Amministrazione Comunale collegnese dovette affrontare un periodo delicato, caratterizzato da tensioni sociali forti, attivando ogni canale politico-amministrativo disponibile per tentare di limitare gli effetti di una crisi occupazionale di notevole entità per il territorio.
Tormentate ulteriori vicende societarie e la crisi del settore tessile nazionale cagionarono la chiusura dell’imponente stabilimento collegnese. Il complesso industriale entrò in una fase di declino ed abbandono, solo pochissimi locali restarono in uso, l’area centrale della Città, un tempo attrattrice di maestranze locali e non era in attesa di una nuova fase di vita che arriverà con il progetto di riqualificazione urbana redatto dallo studio Gabetti – d’Isola nel 1996. Oggi nell’unica parte rimasta dell’impianto originale è collocata la Caserma dei Carabinieri, stazione di Collegno.
*storico e consigliere comunale di Collegno