Con Zingaretti si volta pagina
di Umberto D’Ottavio, deputato XVII legislatura
Tutti hanno dichiarato il loro stupore di fronte alla imponente partecipazione alle primarie del Partito Democratico che il 3 marzo hanno portato Nicola Zingaretti a diventare il nuovo segretario nazionale.
Ma che cosa è successo? Sono stato al seggio del Circolo Aurora di Collegno quasi tutto il giorno e provo a raccontare chi è venuto a votare.
Nelle dodici ore di apertura del seggio sono passate 800 persone, un bel campione.
Le procedure richiedevano tempo e si è formata una coda che, però, non risultava essere un disagio, anzi, è stato di conforto, quasi una conferma di avere fatto bene a scegliere di partecipare, di essere coinvolto in qualcosa di importante. In questa situazione è stato più facile raccogliere commenti, quasi tutti impostati alla preoccupazione che il nuovo segretario e il gruppo dirigente sia in grado di garantire unità e impegno comune. Infatti, apparire sempre divisi è la critica più severa, quasi rassegnata, ad una sinistra incapace di stare insieme.
Non ho più sentito critiche sul passato, ma la sensazione che di fronte a Salvini non ci sia molto da fare se non riprendere a fare opposizione e creare le condizioni per mandarlo a casa. Forse questa è stata la chiave della vittoria di Zingaretti anche nella nostra zona.
Basta guardare indietro!
Bisogna cambiare pagina dopo oltre due anni di crisi profonda, cominciata con il referendum del 4 dicembre 2016, peggiorata con la durissima sconfitta alle elezioni del 4 marzo 2018 e trascinata fino ad oggi. Può il 3 marzo mettere fine a questa fase? Questa è la chiave per leggere la partecipazione e il risultato. Zingaretti si è assunto questa responsabilità e la grande maggioranza ottenuta gli da la possibilità.
Le sue prime dichiarazioni vanno nella direzione giusta: la vittoria non lo porterà a “comandare”, ma a guidare una comunità e spesso la forza di una maggioranza la si misura nella sua capacità di avere un corretto rapporto con le minoranze.
Questo è stato il principale problema del Partito Democratico fin dalla sua nascita. Come può un partito plurale funzionare in modo unitario? Infatti, non solo a livello nazionale, spesso si è caduti nella risposta che le primarie danno il mandato senza condizioni, ma non è così! Le primarie individuano la leadership, ma è compito di chi vince tenere insieme, coinvolgere, unire.
Se una cosa l’abbiamo imparata in questi anni, è quella che è meglio fare una cosa in meno, ma farla bene, con la necessaria capacità di coinvolgimento e di partecipazione che rende democratica una scelta, affinché nessuna minoranza possa dire di non avere potuto dire la propria e di non essere stato ascoltato.
Emergono dopo il 3 marzo ancora con più forza le differenze tra le organizzazioni politiche dotate di regole e statuti interni e quelle che di fatto sono aziende politiche, dove le decisioni non sono frutto di un dibattito, ma la conseguenza di logiche di impresa nel senso più commerciale del termine.
E’ evidente che avere regole e statuti fa apparire più faticoso e spesso più lento il movimento, ma è proprio questo il senso vero del fare politica.