“Il PD e la postura che allontana gli elettori”. Incontro con Mimmo Lucà
di Rosanna Caraci
On. Mimmo Lucà, “Gli elettori hanno scelto di mandarci all’opposizione e lì staremo” sembra ormai la linea decisa dal Partito democratico. Opposizione a ogni costo?
E’ diventato il passaparola di una linea rinunciataria e di fuga dalle responsabilità, che ha portato, almeno fino ad ora, alla irrilevanza e all’isolamento. L’unica posizione assunta per sostenere una via di possibile recupero dei consensi è stata quella di “tornare al popolo”, “ricostruire il rapporto con i più deboli”, “ritornare nei luoghi di lavoro”. Intendiamoci, tutte cose giuste. Ma per fare questo bisogna disporsi prima di tutto all’ascolto, con umiltà e serietà e poi, se proprio si vuole anche parlare, bisogna sapere cosa dire e quali parole pronunciare.
Quali sono i fronti sui quali dovremmo tornare con urgenza?
Sul lavoro, sulla scuola, sulle disuguaglianze crescenti nelle periferie urbane e territoriali, sulla precarietà dei giovani, sull’emergenza demografica, sulla non autosufficienza, sulla povertà, sui limiti della sanità pubblica, sulla corruzione crescente e sulla piaga antica della criminalità organizzata, sui ritardi della ricostruzione nei centri terremotati. Dovremmo fare un’analisi rigorosa delle ragioni di tanto astio e delusione nei confronti della sinistra, da indurre più di 4 milioni di elettori in appena quattro anni ad abbandonare il Pd per votare i Cinque stelle o la Lega. E’ inoltre necessaria l’ elaborazione di un programma con obiettivi e propositi comprensibili limitato a precisi ambiti di lavoro, per un soggetto che non rinuncia a dare il proprio contributo al confronto politico e parlamentare in vista della costituzione del nuovo governo.
Tutti i sondaggi realizzati in questi giorni segnalano un ulteriore calo di consenso al Pd rispetto ai risultati del 4 marzo.
Sono dati da maneggiare con prudenza ma ciò che importa, al di là delle percentuali, è la tendenza, che non riguarda solo il Pd ma l’intera coalizione di centrosinistra e lo stesso raggruppamento di Liberi e Uguali. La sinistra arretra ancora, il M5S e la Lega, invece, crescono e consolidano le posizioni conquistate alle elezioni. D’altra parte, mentre il leader grillino e quello leghista impongono i contenuti e gli appuntamenti dell’agenda politica senza alcuna esitazione, il gruppo dirigente del Pd, che sostanzialmente è lo stesso di prima, non solo non ha aperto alcuna seria discussione sulla portata e sulle ragioni della più grande sconfitta della sua storia, ma ha continuato a lacerarsi e a dividersi sulla strategia per il futuro e sul posizionamento di queste settimane.
L’assemblea nazionale è stata rinviata. Malumori, confusione, risentimento, quanto incidono?
Confusione, alterigia e risentimento sono apparsi i fondamentali di questi giorni. Il correntismo ha imposto i suoi riti senza alcuna vergogna o reticenza.
Quanto conta la postura, l’atteggiamento, la gestualità?
E’necessario distinguere tra la postura personale del politico, che può produrre una crisi di rigetto, di fastidio, che lascia trasparire supponenza e arroganza e la postura di un partito, che sovente si sovrappongono: due esempi sono esplicativi. Deborah Serracchiani, ex presidente della Regione Friuli Venezia Giulia e adesso deputata, ha intimato con tono perentorio ai 5S di proporre al Pd dei contenuti e non aria fritta; Alessia Morani dalle pagine de La Stampa dice che su Jobs Act, Vaccini e Buona scuola non ha cambiato idea e domanda provocatoriamente se i cinque stelle l’hanno mai cambiata, visto che propongono confronti. Dire che non abbiamo cambiato idea, o che comunque non siamo disposti a fare autocritica su tre argomenti che ci hanno certo penalizzato alle Elezioni non è serio. Ancor di più non lo è rivolgersi ad un partito che ha preso quasi il 33 per cento dei voti: noi siamo quelli del 19.
Quindi il Pd dovrebbe sedersi al tavolo coi Cinque stelle e confrontarsi?
Il Pd non dovrebbe rinunciare al dialogo con il M5S e con le altre forza politiche e non solo perché il dialogo è il fondamento della politica, ma soprattutto perché se si dovessero registrare distanze troppo radicali tra le diverse posizioni in campo e il Pd fosse costretto a decidere per l’opposizione almeno saranno chiare le ragioni di quella scelta e la sua ineluttabilità, soprattutto nel caso di un ritorno ravvicinato a nuove elezioni.
Pensa a un testo programmatico?
Un testo da portare all’esame degli organi del partito e alla discussione nelle assemblee di base può consentirci di valutare se il gruppo dirigente ha recepito il messaggio degli elettori. Non è in gioco solo una linea, ma il senso di un progetto, la natura e il fondamento culturale di una politica, la stessa identità dei “democratici”, nati per rispondere alle istanze di cambiamento e al deficit di speranza di una larga parte della società e percepiti sempre di più, invece, come un elemento di freno e di regressione. È questa capacità di generare speranza che la sinistra ha smarrito, e senza la speranza la sinistra non esiste più, semplicemente non ha più alcuna ragion d’essere.
Siamo in pieno accordo, con
l’onorevole Mimmo Luca’. La sua analisi sul Pd é molto chiara e ragionevole.
Ci vuole, coraggio e responsabilità!
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